Educazione sessuale

Educazione sessuale e desiderio: un connubio necessario per riuscire a vedere nell’altro non un oggetto ma un mistero da rispettare e amare.

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«La nozione di educazione sessuale è problematica, perché la sessualità implica l’esperienza del desiderio e del suo eccesso. Il desiderio sessuale non si educa così come ci si educherebbe alla matematica: non è una semplice forma di istruzione. Si tratta di un desiderio che ci fa sentire non più padroni di noi stessi. Questa esperienza di spossessamento chiede di essere vissuta pienamente, e qui si innesta l’esigenza dell’educazione nel senso di un “accompagnamento” del desiderio». Così scriveva qualche tempo in un’intervista sull’educazione sessuale il filosofo francese Fabrice Hadjadj. Che cosa significa educare il desiderio? E soprattutto, perché oggi è così importante? Per capirlo basterebbe pensare a quante relazioni oggi sono costruite sulla logica del bisogno piuttosto che quella del desiderio, l’unica capace di vedere nell’altro non un oggetto delle nostre necessità ma un mistero da rispettare e amare.

Più volte in questi anni Papa Francesco ha parlato di quella cultura dello scarto, oggi così diffusa nelle relazioni, che trova la sua origine anche nella confusione, presente in molte persone, tra desiderio e bisogno.
Che cosa è il desiderio? Il modo migliore per comprenderlo è quello di andare all’origine di questo termine, che deriva da una parola latina composta dall’unione della particella privativa “de” con il termine sidus, sideris (che al plurale diventa sidera), che significa stella. Pertanto, il significato letterale di desiderio è “mancanza delle stelle”. Probabilmente l’origine del termine è da attribuire alla condizione in cui si trovavano gli antichi sacerdoti che erano dediti all’arte divinatoria quando il cielo era coperto dalle nuvole e pertanto, in assenza delle stelle, non erano in grado di profetizzare.

L’etimologia del desiderio, quindi, ci rimanda alla mancanza di qualcosa di grande, misterioso, lontano, superiore, come sono appunto le stelle; il desiderio ci mette in contatto con quello che ci supera, con l’infinito, di cui avvertiamo la mancanza. Una mancanza che, però, è profondamente diversa da quella che proviamo quando sentiamo l’assenza di qualcosa che ha a che fare con la nostra dimensione fisiologica. In questo caso infatti, (quando per esempio abbiamo caldo, freddo, fame, sete) facciamo di tutto per soddisfare questo bisogno e le “cose” (un po’ di fresco, un maglione, un pezzo di pane, un bicchiere d’acqua) spesso ci bastano per rispondere a questo tipo di mancanza. Ma quando proviamo un desiderio, accade che sperimentiamo un vuoto più grande dell’oggetto che cerchiamo, tant’è che esso non riesce a spegnere del tutto il desiderio. E quanto più elevato è un desiderio, tanto più profondo e ampio è lo spazio da riempire, e tanto più difficile diventa colmare questo spazio.

La dimensione del desiderio è particolarmente presente quando c’è in gioco l’amore. C’è un nesso molto profondo tra amore e desiderio; amare, infatti, ci mette direttamente in contatto con ciò che è sacro, superiore, assoluto, eterno. Quando amiamo una persona, noi desideriamo che essa rimanga per sempre. «Amare significa dire all’altro “tu non morirai”», scriveva il filosofo francese Gabriel Marcel. Amare significa volere che l’altro divenga quasi immortale, che trascenda i limiti rappresentati dallo spazio e dal tempo. In questo senso l’amore permette di sperimentare l’assoluto e l’infinito a cui aspira costantemente il nostro cuore.

Tutto ciò è possibile solo se la relazione si basa sulla dimensione del desiderio, che sa vedere nell’altro un mistero irriducibile alle proprie necessità ed ai propri bisogni. Per questo è importante educare il desiderio: giocare con i sentimenti dell’altro, con le sue emozioni, con i suoi vissuti, con la sua intimità, ci fa rimanere sul piano del bisogno (l’altro in funzione di me), chiusi in noi stessi e nel nostro bisogno di qualcuno che ci ami; ci blocca, ci frena, limita la nostra felicità.

Da diversi mesi ci stiamo dicendo come l’affettività e la sessualità debbano essere educate, orientate, riempite di senso; e una delle strade che possiamo percorrere è proprio quella dell’educazione del desiderio. Come fare?

Forse la prima via da seguire è quella che porta a vedere l’altro come un mistero, come qualcosa di più grande e irriducibile a ciò che possiamo comprendere e per questo meritevole di rispetto incondizionato. Ricordo ancora quando, dopo aver parlato di questo aspetto in una terza liceo, una ragazza mi disse: “Mi è piaciuta molto la bellezza dell’idea che le persone sono un ‘mistero’. Persino i nostri amici e anche il mio compagno di banco!”. Non si era mai fermata a riflettere che il compagno di banco, che credeva di conoscere così bene, in realtà avesse qualcosa che lei non sarebbe mai stata in grado di comprendere fino in fondo, proprio perché più grande di lei.

Un’altra pista da seguire per l’educazione del desiderio passa dall’abituare i ragazzi a fare qualcosa per gli altri in maniera del tutto gratuita, senza che ci sia necessariamente un tornaconto personale. Anche questo è un atteggiamento che alimenta in maniera naturale il rispetto. Mi capita spesso, quando parlo di gratuità, di ripetere ai ragazzi queste parole di Roberto Vecchioni: “Il greco non serve a niente, certo, ma serve molto meno la persona che non lo legge e che non lo conosce perché non ha capito l’utilità dell’inutile, anzi la bellezza dell’inutile. Non si vive solo di utile.”

Ancora, nell’educazione del desiderio ha un ruolo centrale l’esperienza della noia, che è come una fiamma che alimenta il desiderio. Se i ragazzi non si annoiano mai, se sono abituati ad avere tutto subito, paradossalmente la capacità di desiderare si atrofizza. La soddisfazione immediata di ogni loro desiderio finirà per non far loro desiderare più nulla.

Infine, insegnare ai ragazzi a dare spazio al desiderio piuttosto che al bisogno vuol dire educarli al rispetto dell’intimità, propria ed altrui, attraverso la virtù del pudore. Lungi dall’essere qualcosa di superato, il pudore è una qualità molto importante per chi ci tiene a difendere e custodire l’intimità – interiore prima ancora che fisica – , che diventa così come un luogo sacro e dotato di enorme valore.

Insegniamo ai ragazzi ad alimentare il desiderio. I giovani non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere, scriveva Quintiliano nel primo secolo. È una bella sfida per noi, che riusciremo ad accenderli nella misura in cui vivremo il nostro ruolo (genitori, educatori, formatori) da autentici maestri, parola che deriva dal latino magister, da magis, che significa “di più”. Facciamoci allora questa domanda: che cosa saremo in grado di offrire “di più” ai nostri ragazzi?

Articolo pubblicato sul numero di luglio-agosto 2018 della rivista “Missione Maria

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